mercoledì 10 aprile 2013



foglio di Ricino

 

La crisi e la trappola di Maastricht

Pubblicato da Imola OggiECONOMIA, NEWSapr 9, 2013
I casi  sono due: o la crisi economica è stata volutamente programmata dagli strateghi dell’ alta finanza, onde perseguire un progetto di completo asservimento dell’economia reale e dei popoli che la producono o, se preferite, è stata provocata dalla loro totale insipienza ed incapacità che, pur proclamandosi esperti hanno dimostrato, non avendo la minima idea di ciò che stavano facendo.
Sta di fatto che, comunque la si voglia interpretare, è sostanzialmente una crisi di liquidità, cioè di denaro. Manca il denaro.
Il denaro, dal punto di vista tecnico, è l’unità di misura del bene. Dal punto di vista economico è un facilitatore e velocizzatore di scambi. Dal punto di vista materiale, è semplice carta straccia stampata ad un costo risibile.
Ergo, il problema diventa: 1) CHI fabbrica il denaro? 2) A quali condizioni? 3) Perché non ne fabbrica di più?
Le risposte sono, rispettivamente:
1) le Banche Centrali (Bankitalia un tempo per l’Italia, ora la BCE per  tutta l’euro zona).
2) Prestandolo agli Stati e chiedendo in garanzia, oltre all’interesse, i titoli di debito pubblico per un uguale corrispettivo (BOT,CCT,CTZ, ecc…)   che sono praticamente dei “pagherò”.
3)Perché erroneamente e in modo truffaldino, viene fatto credere che crei inflazione .
A tutto ciò si aggiunga  il fatto che quella di stampare banconote è o dovrebbe essere prerogativa degli Stati, non delle banche!
Tanto più che le banche non si dichiarano “proprietarie” della moneta, (tant’è che pongono al passivo nei loro bilanci le banconote che stampano quasi gratis) limitandosi esclusivamente il loro compito, a quello di servizio di Tesoreria dello Stato. Servizio per il quale ricevono regolare compenso dallo Stato stesso e per effetto del quale si dichiarano ambiguamente “istituti di diritto pubblico”, mentre invece sono delle S.p.A. private.
Se questo “unicum”giuridico è stato possibile, è soltanto perché una classe di politici inetti e venduti ha ceduto, dietro lauti compensi, la inalienabile prerogativa di battere moneta alla classe ben più agguerrita dei banchieri.
Con il trattato di Maastricht, questa fasulla e truffaldina legislazione, ha ricevuto un’ulteriore convalida a livello europeo, inducendo nei popoli il convincimento che questo stato di cose debba essere inamovibile ed eterno.
Ma così non è’.
E’ storicamente dimostrato che ogni trattato, convenzione, regolamento, costituzione che sia, è stato disatteso, misconosciuto, rettificato, annullato o reso inefficace da quegli stessi uomini che l’hanno redatto o sottoscritto (qui gli esempi si sprecano…) o dai loro discendenti. Non c’è ragione dunque, per ritenere che il trattato di Maastricht debba fare eccezione a questa prassi.
Già dell’ l’articolo 104*, ad esempio, che vieta l’acquisto da parte della BCE dei titoli di debito pubblico dei singoli Stati, una pletora di politici ha chiesto, senza nominarlo esplicitamente, l’abolizione, invocando che la BCE, al pari della FED diventi prestatore di ultima istanza.
E lo stesso art 109K* concede agli Stati la possibilità di aderire “con deroga” alla UE e,volendo, di essere esclusi su loro richiesta e su approvazione della Commissione, dallo status di “con delega”.
Questi due fatti dimostrano che il trattato non è, né potrebbe essere in alcun modo,un “Moloch” intangibile.
Oltre a ciò, l’articolo 105/A*, recita che La BCE soltanto ha il diritto di stampare le banconote (98%), mentre agli Stati è lasciata, sotto il controllo della stessa BCE, la possibilità di coniare le monete metalliche (2%).
Esso vuole apparire come un adempimento di carattere squisitamente  tecnico, spacciato per tale in virtù di oscure motivazioni mai citate né tantomeno documentate. Mentre invece è in effetti il frutto degenerato di leggi che ,in osservanza alle direttive europee, hanno progressivamente ceduto la sovranità alle banche da parte degli Stati. Leggi che obbligano i popoli a caricarsi di un debito assolutamente inventato, poiché altra efficacia non ha se non quella di arricchire in maniera spropositata le banche, senza ingenerare alcun tipo di ricaduta positiva sulla crescita dell’economia reale. Anzi, ostacolandola ed erodendone i leciti profitti a vantaggio dell’usura. L’art 107* poi, sancisce che la BCE è al di sopra degli Stati: ad essa non è possibile muovere alcuna forma di richiesta o sollecitazione da parte di alcuno! Una vera e propria dittatura!
Claudio Zanasi
*Gli articoli succitati sono facilmente reperibili digitando su internet: “Testo del trattato di Maastricht”, solitamente al 1° link.


martedì 2 aprile 2013

Una banca centrale,"diversa" : statale e al servizio del popolo

Qual è lo Stato che può vantare una disoccupazione al 4,4%? E aumenti del Pil a due cifre con incrementi dei redditi delle persone fisiche pari al 23% tra il 2006 e il 2009? Uno pensa: non può essere che la Cina. Sbagliato. Anche nell’ansimante America c’è chi va alla grande. L’autore di questo miracolo è il North Dakota, ovvero uno dei piccoli e in apparenza marginali tra i 50 che compongono la federazione statunitense.
La sua fortuna? 
Aver dato retta, tra il 1915 e il 1920, alla Nonpartisan League, un movimento locale che l’establishment tentò di fermare bollandolo come populista, ma che in realtà era lungimirante.
Quel movimento indipendente propose agli elettori del North Dakota di non aderire al Federal Reserve System ovvero al circuito finanziario imperniato sulla Fed, la Banca centrale americana.
Pensavano, i contadini dello Stato, che non ci si potesse fidare dei banchieri di Wall Street e che fosse più saggio avvalersi di un Istituto indipendente. Il tempo ha dato loro ragione.
Il successo del North Dakota è tutto qui: pur usando il dollaro come valuta di scambio, oggi è l’unico Stato americano che non dipende dalla Federal Reserve. A garantire le sue riserve sono i cittadini, i quali, in caso di dissesti finanziari non potrebbero avvalersi dell’assicurazione federale sui depositi.
Lo Stato corre un rischio, ma ipotetico: in oltre 90 anni di vita l’istituto non è mai stato in difficoltà ed è passato indenne attraverso ogni crisi.
Per legge lo Stato e tutti gli enti pubblici devono versare i fondi nelle casse della Banca centrale del North Dakota, che li usa non per ottenere utili mirabolanti, né per oliare indebitamente le banche private, ma per aiutare la crescita dello Stato.
+Di fatto agisce come un’agenzia di sviluppo economico e dunque sostiene progetti d’investimento, concede finanziamenti a tassi molto bassi, nonché un numero impressionante di prestiti agli studenti a condizioni eque.
Sarà per la mentalità contadina di quella gente o per le virtù civiche sia degli amministratori della banca che dei cittadini, ma il tasso di spreco e di inefficienza è bassissimo. Per dirla in altri termini: quegli investimenti non sono sprecati in progetti insensati o improduttivi, dunque non producono carrozzoni parapubblici con interessi e prospettive clientelari, ma producono ricchezza nel territorio e dunque nuovo gettito fiscale, nuovi fondi per la banca; insomma, generano un ciclo virtuoso.
Sembra l’uovo di Colombo, ma altro non è che il trionfo del buon senso. In ultima analisi lo scopo della banca centrale di un Paese dovrebbe essere quello di agevolare uno sviluppo economico armonioso e senza squilibri finanziari o inflazionistici. La Bank of North Dakota ci riesce a tal punto da chiudere ogni anno in utile (nel 2009 per 58 milioni di dollari), denaro che torna ai legittimi proprietari ovvero ai contribuenti. Il sistema funziona così bene che diversi Stati americani vogliono imitarlo. E mica solo staterelli, anche colossi come California, Ohio, Florida, stufi di un meccanismo che negli ultimi trent’anni ha creato una ricchezza illusoria.
La Federal Reserve, infatti, non appartiene ai cittadini americani, ma alle banche, che pertanto sono i suoi azionisti di riferimento, così come, peraltro, avviene per la Banca d’Italia. Il liberista Ron Paul da anni sostiene, inascoltato, che una Banca centrale non è nemmeno contemplata dalla Costituzione americana e che di fatto tradisce lo spirito dei fondatori degli Stati Uniti d’America.
Furono gli ambienti di Wall Street, nel 1914, a indurre il presidente Wilson a creare la Fed, la quale, però, nel corso dei decenni ha assunto compiti e generato dinamiche devianti, sottraendo al popolo la sovranità finanziaria.
Contrariamente alla Fed, la North Dakota Bank non ha bisogno di considerare interventi straordinari a sostegno di un’economia asfittica, né di comprare i Buoni del Tesoro invenduti, per la semplice ragione che lo Stato non ha debiti ed è addirittura in surplus.
La North Dakota Bank non ha seguito la moda dei subprime, né della cartolarizzazione dei debiti, né delle altre diavolerie finanziarie escogitate negli ultimi anni dai dissennati e avidissimi manager delle grandi banche d’affari. Ha continuato ad essere una banca centrale al servizio della comunità, capace di mettere a disposizione dei privati le risorse necessarie per avviare imprese che poi non vivono di sussidi, ma secondo le regole di mercato. È la rivincita di un’America semplice e vincente, ma di cui nessuno parla mai.
Fonte: www.ilgiornale.it
Link: http://www.ilgiornale.it/esteri/north_dakota_miracolo_fatto_casa/09-11-2010/articolo-id=485586-page=0-comments=1
VEDI ANCHE: COME GLI STATI ASSETATI DI SOLDI POSSONO CREARE IL PROPRIO CREDITO